Riflessione: evoluzione del design dei cellulari
Il mercato dei telefonini, dai suoi albori fino ai giorni nostri. Studiamo l’evoluzione del design dei cellulari e delle loro funzionalità per comprendere quanto siano andati incontro alle esigenze del pubblico e quante invece di nuove ne abbiano create.
Sono entrati nella nostra quotidianità in maniera prepotente, senza chiedere permesso, ed in breve – come il SUV in centro città, il “cinese” al Venerdì, l’occhiale da sole anche la notte – li abbiamo fatti diventare necessità senza la quale sembrerebbe difficile, finanche impossibile, la sopravvivenza a questo mondo.
Dei cellulari, ché chiamarli semplicemente telefonini è ormai riduttivo, trattiamo.
Symbol del Progresso
Possederne due, significa esser ancora anticonformista; averne un numero illimitato, con illimitate funzioni (ma tutte uguali) ed una non meglio precisata quantità di schede SIM è un “must” per chi, invece, del cellulare, fa attrezzo del mestiere o status symbol comunque irrinunciabile. Ché se da un lato lo svilupparsi e svolgersi sempre più frenetico della nostra economia, rendono indispensabile uno strumento di comunicazione portatile, semplice, veloce ed efficiente; è altrettanto vero che il mercato, non solo a professionisti si rivolge e non solo professionisti cattura, nelle sue “reti”.
Non stiamo certo qui a far la morale sull’uso smodato dei cellulari, però. Non ci interessa questo o almeno non quanto trattare dei telefonini in termini di evoluzione, nel design e nelle funzioni, legate alle nascenti nuove esigenze del pubblico o, altrimenti, od alla forza d’imporre, al pubblico, le proprie nuove funzioni, come esigenze prima superflue.
Volente o nolente, va riconosciuto: il cellulare è lo strumento tecnologico che più degli altri ha modificato la vita dell’uomo contemporaneo, non sempre semplificandola però, come dimostreremo.
Il Gettone
In principio, la necessità di comunicazione mobile, poco sentita tra la popolazione, venne facilmente appagata con l’utilizzo dei telefoni a gettoni, prima all’interno dei locali, successivamente lungo le strade, con la comparsa delle cabine telefoniche, tutt’oggi presenti nelle nostre città. Gettoni, monete, schede, fino all’inutilizzo quasi totale dettato appunto dal nuovo modo d’intendere ed utilizzare la telefonia mobile.
È già qui il cambiamento, nei rapporti interpersonali, sempre meno “fissi” e più “mobili”; duecento lire, nessuno le domanda più ad un suo simile, nei locali è ormai obsoleta la richiesta “potrei fare una chiamata?” come poi l’avviso “c’è una persona in linea per il Sig. Tizio”. Per qualsiasi problema ci si rivolge ad un disco pre- registrato conosciuto ormai a memoria, ma che non ci conosce, né mai ci conoscerà. Sembra poco, non lo è, essendo così crollato l’unico intermediario umano tra un capo e l’altro del telefono.
Le Origini
La prima telefonata da un apparecchio totalmente “mobile” venne effettuata nel 1973 da Martin Cooper, direttore della sezione R&D della Motorola; colosso americano già al tempo specializzato nelle comunicazioni.
Bisognerà tuttavia aspettare 10 anni per vedere sul mercato il primo esemplare di cellulare che, per incidenza del costo, 4000 dollari, era rivolto solo e soltanto ai manager d’azienda ed a figure professionali che avrebbero guadagnato, grazie al servizio offerto dal cellulare, molto più di quanto investito nell’acquisto dello stesso (basti pensare agli agenti di borsa).
E non è un caso che sia una casa americana ad avvertire, prima d’ogni altra, l’impulso di investire qualcosa come 100 milioni di dollari sulla telefonia mobile. Gli anni ‘70/’80 vedono l’America porsi come punto di riferimento economico per l’intero mondo occidentale, il capitalismo acuisce la concorrenza, il consumismo accorcia i tempi di vita dei prodotti sul mercato, quindi i margini di successo/ fallimento delle azienda concorrenti il cui fattore di competitività diviene l’accesso ad informazioni sempre più aggiornate, sempre più veloci, poiché sempre più frenetici ed inappellabili sono i responsi del mercato.
800 Grammi
Tanto pesava il DynaTac 8000x, primo cellulare messo in commercio. Pochi esemplari prodotti, poi una lista di prenotazione che sfiorava il mese d’attesa fece intuire al management della Motorola d’aver in casa la gallina dalle uova d’oro.
Oltre al peso, ingente se pensiamo che un cellulare moderno arriva persino ai 43 grammi, peculiarità che renderebbe tale arnese obsoleto, per le moderne esigenze, è l’autonomia in chiamata, appena 30 minuti a fronte di una carica di circa 10 ore; solo successivamente venne commercializzato un caricabatteria da tavolo che impiegava un’ora per la ricarica ma evidenziava problemi di surriscaldamento all’apparecchio telefonico.
Passando alle funzionalità, era una telefono e basta. Quanto serviva era quel che c’era ed anche di meno, visto che di tascabile aveva ben poco. Nei suoi 13 centimetri d’altezza (senza contare l’antenna) c’era spazio solo per dodici tasti, da 0 a 9 con cancelletto ed asterisco, e poi sotto altri 9, per funzioni particolari quali “re-call”, “power”, “volume”, ed uno schermo a led luminosi, qualcosa d’avveniristico per l’epoca.
Imprevisto Prevedibile
Negli anni ’80, la Mc Kinsey & co. stimava per l’anno 2000 una diffusione del cellulare che raggiungesse le 900.000 unità vendute sul mercato globale. Nel 2010 sono 900.000 le unità che vengono vendute ogni 3 giorni. Cosa è accaduto in questi anni per giustificare un simile incremento di vendite, ben oltre le attese più rosee? Cos’è cambiato nel cellulare e cosa nelle esigenze del genere umano?
Fino al 1992 poco. I cellulari vennero ottimizzati in dimensioni più che in funzioni, rimaste quelle basilari del DynaTac classe 1985, venendo incontro alle sole esigenze di praticità, quale anche il peso.
Poi, a metà 1991, l’entrata in vigore della rete GSM, un protocollo di chiamata che permise, alle diverse reti nazionali, di trasmettere i dati secondo un alfabeto comune, rendendo così i singoli apparecchi cellulari utilizzabili anche al di fuori dei confini della propria nazione.
Niente succede per caso, e caso non è che il protocollo GSM nasca in Europa, proprio quando, dopo la caduta del muro di Berlino, si inizia a lavorare per un’Europa unita, senza frontiere e con una strategia economica comune, anzi, comunitaria.
Ben presto il GSM venne adottato in gran parte dei paesi del Mondo, alle nazioni subentrarono successivamente le compagnie telefoniche private che ne determinarono la definitiva consacrazione sul mercato.
Qualcosa di meno tecnico però, di portata ben più rivoluzionaria ma che senza la rete Gsm non avrebbe avuto modo d’esistere, accadde nello stesso anno, esattamente il 3 Dicembre del 1992. Neil Papworth, ingegnere al servizio della Vodafone (compagnia telefonica inglese), dal proprio PC, inviò con 22 giorni di anticipo il suo “Merry Christmas” ad un collega di lavoro; non ci sarebbe stato nulla di rivoluzionario se, tale augurio, non fosse stato recapito sottoforma di testo sul display di un cellulare. Era il primo SMS della storia, quello che, pochi mesi dopo, un ingegnere stagista della Nokia, Riku Pihkonen, riuscì ad inviare da cellulare a cellulare.
In pochi anni, quella che sarebbe stata considerata “un’idiozia” dai più, ovvero scambiarsi un messaggio scritto attraverso un apparecchio nato per il contatto vocale, divenne una cosiddetta “killer-application”, ovvero una di quelle funzioni che non solo rispondono alle esigenze del pubblico, ma sono in grado di venir percepite come irrinunciabili fino a modificare gli stessi comportamenti di chi le utilizza.
Sinteticità, immediatezza, praticità, risparmio. La rete GSM sdoganava l’SMS, la Finalndese Nokia, che fino ad allora produceva con scarso successo PC per l’URSS, cavalcò l’onda lunga di questa scoperta tanto da diventare, con l’avvento degli anni 2000, leader assoluta della telefonia mobile.
La fetta di mercato si fa parecchio remunerativa, la concorrenza aumenta, in gara oltre alla Motorola alla Siemens ed alla Nokia scendono anche la Sony, la Ericsson, la Philips,la Pioneer. Il prezzo dei cellulari, comprensibilmente, non può che scendere, divenendo accessibile a sempre più tasche, anche in termini di dimensioni.
Il Nuovo Mercato
Ma se al libero professionista, disposto a pagare anche 4.000 dollari per un simile apparecchio, interessava solo poter chiamare in libertà, l’estensione del mercato ad una fetta molto più ampia di possibili acquirenti rende necessario diversificare le funzioni offerte per conquistare l’attenzione degli acquirenti ed acquisire competitività.
Nel 1996 la Motorola esce sul mercato con lo StarTac, il telefono che “si apre, si chiude”, riducendo della metà l’ingombro dei tradizionali cellulari; altra peculiarità, il vibracall. Intanto, nel 1997, per la mole di traffico prodotto c’è bisogno di approntare una nuova frequenza di trasmissione dati, nascono così i telefonini Dual Band, che viaggiano anche sui 1800mHz.
La vita del cellulare, anche come autonomia e dimensioni, si è notevolmente allungata, una tecnologia importantissima ma largamente diffusa tanto da non incidere più sulla competitività. La rivoluzione “funzionale”, quella che continua nei giorni nostri, la guida ancora una volta la Nokia, e se è d’ov’è, nei giorni nostri, ecco spiegate le ragioni.
E’ il 1997 quando Nokia lancia il suo N9000i, introducendo il concetto di “smartphone” sul mercato. Computer e telefonino si uniscono, scambiandosi le funzioni. Con l’N9000i si può chiamare, ricevere SMS ma anche collegarsi ad Internet, iviare fax. Un attrezzo per professionisti, senza dubbio. L’anno successivo, sempre la Nokia, vara un modello altrettanto rivoluzionario che gli permetterà di conquistare una fascia di mercato fino ad allora avulsa dalla necessità di possedere un telefonino; i giovani. Il cellulare è il 5110, la “killer-application” è una banalità geniale, “Snake”, un gioco pubblicato nel 1977 che, abbinato alla “cover” intercambiabile ne fa il cellulare più popolare e diffuso della storia(in rapporto alle percentuali del tempo). Col 3210, suo successore, addio anche all’antenna esterna e benvenuto al T9, il dizionario “intelligente” per la composizione degli SMS.
Le Porte di Internet
E’ il 1999, ormai sui cellulari si trova di tutto, dai giochi alla calcolatrice, passando per il convertitore di valuta alla registrazione delle chiamate. La chiamata in sé, la qualità della ricezione, l’autonomia, si perdono nelle centinaia di funzioni, tra una cover e l’altra.
Il mercato principale diviene quello dell’uomo comune, non certo del professionista. Gli alfabeti e la grammatica vengono stravolti dall’immediatezza degli SMS, dalla necessità di restringere un messaggio in 160 caratteri. Le distanze si accorciano virtualmente per ingigantirsi umanamente; possedere un cellulare non è più uno status symbol, è possedere il più nuovo a far la differenza. I tempi di lancio sul mercato tra un cellulare e l’altro, della stessa casa produttrice, si riducono dagli anni ai mesi, alle settimane.
La Nokia dice che ancora non basta e col suo 7110 inaugura la tecnologia WAP, i cellulari posseggono adesso un browser tutto loro, per collegarsi ad Internet e navigare nella rete. Dopo gli albori della chat, la comunicazione abbraccia internet in maniera sempre più stretta, le informazioni viaggiano in tempo reale, per restare in contatto col mondo bisogna rimanere in contatto con la rete; e col cellulare, si può.
La rete di amicizie si amplifica, si estende a mezzo internet, comunicare diviene un’esigenza sempre più frequente e sempre meno possibile senza l’utilizzo di un cellulare. La vita si sposta dalle case agli spazi aperti, per indole umana ed allargamento del mercato del lavoro, modifiche alle quali concorre e delle quali si giova la diffusione del cellulare, divenuto ormai oggetto di massa. Cercare il telefonino, quando si ha bisogno di chiamare, diventa più che un’abitudine, il cellulare arriva molto spesso a soppiantare persino il telefono di casa, venendo meno al suo input primordiale, ovvero permettere la comunicazione in assenza di un dispositivo fisso.
Da lì in poi fioriranno le tecnologie per rendere la connessione via cellulare sempre più veloce, fino al protocollo HSDPA/HSUPA, che trasmette a 7mbps. Sul panorama dei costruttori di cellulari compare la RIM Blackberry, che nel 2002 lancia il suo primo “smartphone”, il 5810, tastiera QWERTY e supporto JAVA.
Ed Oltre
Coi cellulari s’ascolta adesso anche la musica, le suonerie sono diventate più che polifoniche, vere e proprie orchestre, attorno al mondo dei costruttori ne nasce uno, parallelo, fornitore di servizi; community sms, notizie sms, loghi, screen saver e suonerie personalizzate, ovviamente a pagamento. E dire che il cellulare, di per sé, avrebbe esaurito il ventaglio di funzionalità che ci s’auspicherebbe di trovare su quello che, in fin dei conti, nasce come un telefono.
Ed invece non è ancora finita, perché il cellulare non è più un telefono, è quello che in passato, per i nostri nonni, rappresentava il coltellino svizzero. Diviene, genericamente, l’oggetto che ci accompagna nella quotidianità, quello che è sempre a portata di mano, che utilizziamo più spesso, ed allora, una volta nel taschino, tanto vale assembrargli tutto quel che può tornare utile, anche una volta sola nella vita. Come nel coltellino svizzero apparvero bussole, cacciaviti, pinze, forbici, seghetti, apriscatole, apribottiglie, nei cellulari, anno 2001, fece la sua comparsa la fotocamera interna; Sharp J-SH04.
La comunicazione da vocale, passata a scritta, diventa fotografica e videografica. Inizia l’era dei cellulari di 3^ generazione, gli UMTS. Sui display appaiono fotografie ed un nuovo tipo di messaggio, l’MMS, entra nel vocabolario comune. Nel 2003, la Nokia, col suo modello “povero”, l’1110, conquista i mercati del terzo mondo, rendendo il cellulare servizio aperto a chiunque sulla faccia della terra, di quel modello vengono venduti più di 200 milioni di esemplari. Il responso numerico è incredibile, se nel 2001 gli SMS inviati, nel mondo, sono 17 miliardi, si passa a 500 miliardi nel 2004, 1.9 mila miliardi nel 2007.
Siamo già nell’era dei Videofonini e di Youtube, la fotocamera è ormai un must; bisogna riprendere tutto, o almeno esser pronti a farlo. Nel cellulare entrano Skype, messenger, facebook, finanche la Televisione; ed ecco il nuovo sforzo lessicale, s’arriva al TV-Fonino, con i canali Sky che vanno in diretta, basta alzare l’antenna. E poi, c’è anche la modalità “Navigatore Satellitare”, basta scaricare il programma o collegarsi a GoogleMaps. Il tempo di digitare un numero di telefono non c’è più, si passa alla chiamata vocale, e si risponde col dispositivo bluetooth auricolare.
Finché, nel 2007, Apple decide di porre fine alla tiritera Tele-Video-Smart-Tv-fonino; crea e lancia sul mercato l’I-Phone, il non plus ultra della tecnologia mobile: touchscreen, con applicazioni che vanno dalla livella al segnalibro, al GPS, a termometro per la pasta; e sì… chiama anche. Per accaparrarselo, il giorno del suo esordio sugli scaffali, a NY, si fa la fila, ci s’accampa davanti alle saracinesche dei negozi, anche 72 ore prima dell’ora I, I-Phone.
Conclusione
Non potendoci soffermare oltremodo, trattando degli studi sulle controindicazioni ad un’eccessiva esposizione alle onde elettromagnetiche prodotte dal cellulare, chiudiamo parlano dei fenomeni sociali generati dall’utilizzo di questo.
Gli psicologi della nostra epoca vedono, nel suo utilizzo eccessivo, un finto mezzo per gestire la solitudine e l’isolamento e che anzi, isola ancor di più chi su questo fa grande affidamento poiché annulla la percezione dell’importanza delle relazioni umane sminuendole a pillole virtuali, gli sms, che generano l’illusione d’aver vicine persone invece lontane e non solo, conduce finanche alla “dipendenza”, chiamata “keichu” dai cinesi, i primi a risentire del problema ed approfondire quindi l’argomento. E poi, come dimenticare che i codici della strada di mezzo mondo ne vietano l’utilizzo durante la guida, essendo diventato ormai una delle principali cause di incidenti stradali.
Un’ultima riflessione: Se solo utilizzassimo ogni cosa, per la ragione che ne ha determinato l’esistenza, e basta, non staremmo a parlare di questo; non tutto va assecondato, non tutte le esigenze vanno soddisfatte; ma il mercato dice altro, e noi, questo mercato, lo facciamo o lo subiamo, gli diamo nuova forma, od assumiamo la forma che vuol darci lui?
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