Trenta Secondi
Pubblicità in televisione. Segreti e strategie, quello che sta dietro e non appare sullo schermo. Obiettivo, rimanere nella memoria del telespettatore. Ecco come, cosa, quando, dove, e perché.
La pubblicità è l’anima del commercio, così dicono ed in gran parte così è. Raggiungere il potenziale acquirente, convincerlo e renderlo fattivo motore della propria azienda, della propria fortuna.
Alla conquista d’una fetta più ampia di mercato
Tutto facile, a parole. Nei fatti la situazione diventa ben più delicata e complicata, tanto da assumere non solo nella denominazione ma anche nell’effettiva organizzazione, i contorni di una campagna militare, poi chiamata pubblicitaria, fatta di informazioni riservate sugli avversari, sul pubblico pagante, insomma servizi di intelligence e tavoli strategici che cooperano, decidono ed infine danno l’ordine d’aprire il fuoco contro il nemico, in televisione, giornali e adesso anche internet.
Trenta Secondi
Dopo aver trattato dei marchi delle disparate aziende, occupiamoci dell’importanza e delle diverse componenti che animano il teatro di battaglia più infuocato d’ogni campagna pubblicitaria di ampio respiro e di ampie risorse.
Trattiamo dei consigli per gli acquisti che passa la televisione. Trenta secondi trenta, possono sancire il successo od il crollo delle ambizioni d’una azienda che propone, con importante slancio sul mercato, un nuovo marchio od anche solo un nuovo prodotto.
E’ già chiaro a chi ha seguito le scorse pubblicazioni di questo spazio, quanto l’apparenza, il sapersi presentare in maniera accattivante, convincente, quindi efficacie, sia per un’azienda indispensabile e spesso precipuo ché la valenza stessa del prodotto.
Trenta secondi, nei quali condensare tutti i propri sforzi: 1 – incuriosire l’ascoltatore, 2- indurlo a seguire l’intero messaggio pubblicitario, 3- comunicare con efficacia le informazioni ritenute opportune al convincimento, 4- rimanere nel ricordo del potenziale cliente in modo che un’eventuale impressione positiva sul prodotto riaffiori al momento degli acquisti, poiché come intuibile, questi possono avvenire anche a distanza di giorni se non settimane od anni.
1- Incuriosire l’ascoltatore
Impressionare, in fretta, positivamente e quanto più profondamente possibile. Un colpo di fulmine potremmo dire avvicinandoci in maniera sufficiente a rendere l’idea di quanto complicato e solo parzialmente approssimabile possa essere preventivare l’efficacia di un messaggio pubblicitario dove ciascun aspetto predetto è essenziale almeno quanto essenziale è l’equilibrio tra ciascuno di essi.
Permettere al lato accattivante di prendere il sopravvento su quello commerciale o viceversa altro non comporta che il rischio di distorcere la traiettoria del messaggio, destinandola ad andar fuori bersaglio.
Ad esempio, sempre più comune nei messaggi pubblicitari che passano per il cavo tv è approntare una mini-fiction come escamotage per attrarre l’attenzione del cliente, primo passo elencato, quando però i volti che la animano sono fin troppo noti, od interessanti, la pubblicità termina d’esser del prodotto e finisce con l’essere uno spot per i personaggi. “Esco e vado col primo che incontro” l’attrice e l’attore sono usciti dalla pubblicità ed entrati nei set cinematografici, del marchio e del prodotto pubblicizzato non se ne ha più memoria.
Non pochi attori poi, cercando un ritorno di immagine attraverso la pubblicità, volti scomparsi dall’etere che riaffiorano accanto ad un sorbetto, un detersivo, uno shampoo per donne; “Ecco che fine ha fatto…” ed addio attenzione, il prodotto passa nel dimenticatoio.
2- A me gli occhi
Volti noti, ma non troppo; storie accattivanti, ma non troppo, bellezze belle, ma soprattutto corpi; perché alcuni stilisti cercano modelle magre, fin troppo? Perché la modella deve scomparire dentro il vestito, pensano; altri vedono in una donna qualcosa più d’un oggetto, e provano a metterla dentro un vestito, non a farla scomparire. Almeno qualcosa in più d’un manichino. Il principio resta comunque quello, volti, storie se non sparire devono comunque vivere in funzione del prodotto, e non di vita propria.
Pubblicità divertente, non efficacie, con un costrutto troppo cinematografico, non efficacie; il manager se vuole vedere qualcosa di appassionante o divertente va al cinema per 10 euro, non ne fa spendere mille volte tanto alla sua azienda per 30 secondi sulla tv.
Va bene la mini-fiction, ma leggera, come immagini forti anche senza un senso, votate semplicemente ad incuriosire e restare impresse nella mente, incollare l’ascoltatore al video fino a sparargli a tutto schermo il marchio del prodotto.
3- Comunicare
Tempo e modo. Non troverete mai una pubblicità della Chicco alle 23, in mezzo ad un film horror o drammatico, la troverete piazzata ad hoc, quando il pubblico fanciullesco segue la televisione, in questa determinata fascia oraria od in corrispondenza di un programma adatto a quel tipo di pubblico. Lo stesso vale per le pubblicità dei prodotti casalinghi, in onda dalle 11:30 alle 16:30, tra pranzo e lavaggio piatti, e nuovamente dalle 19:30 alle 21:30 circa. E’ il messaggio pubblicitario a seguire l’acquirente, in modo da raggiungere una clientela quanto più interessata o comunque sensibile a notizie su determinati prodotti.
Altro aspetto, il modo. La lettura di un testo, in alcune pubblicità diviene essenziale, in altre viene totalmente o quasi accantonato per far spazio alle immagini, molto dipende ovviamente dal prodotto reclamizzato. Non solo quel che si dice, ma anche chi lo dice, voce maschile o femminile.
Pubblicità che riguardano prodotti appartenenti alla sfera estetica o intima delle donne vengono e verranno pubblicizzate solo e soltanto da voci femminili, la ragione è evidente, mantenere “tra donne” quei segreti di bellezza e libertà che solo una donna sa, e sui quali solo da una donna s’accetta il consiglio.
Cosa dire, poi. Battere sulle caratteristiche proprie del prodotto, come ad esempio per quelli alimentari, oppure abbandonarsi alla più fantastica fantasticheria, esempio ne sono gli spot dei profumi, la cui caratteristica unica e principale non è trasmissibile via cavo, il profumo appunto. Ed allora come fare? Non resta che abbandonare il prodotto per reclamizzare gli effetti.
Yves Saint Laurent
4- Memento
Storie, immagini forti che rimandano la mente dell’ascoltatore al prodotto nel momento che piùservirà, quello dell’acquisto. Ma per entrare nella mente di chi osserva si possono utilizzare anche e non solo le immagini.
“Quel motivetto che mi e’ entrato in testa, quello della pubblicita’ del.. ” mai capitata una scena simile?
Chiamasi pubblicita’ ben riuscita. Per rendersene conto basta osservare come più che dalle radio le ultime hits musicali vengono lanciate o portate alla ribalta dagli spot pubblicitari. A quel motivetto tanto orecchiabile, accattivante, che resta in mente, i pubblicitari legano sapientemente il nome del prodotto e del marchio, tanto che il ricordo dell’uno rievoca l’altro, e viceversa.
Le origini di tutto partono dal Jingle pubblicitario, letteralmente “scampanellio” in lingue inglese. Come definire in maniera più appropriata qualcosa che serva ad attirare l’attenzione? L’evoluzione dei costumi ha portato alla conseguente modifica dei jingle, fino a renderli autonomi dal messaggio pubblicitario, canzoni e musiche, e se prima gli slogan nascevano come ritornello del jingle, adesso vanno in coda, rivestendo comunque la stessa importantissima funzione.
Descrizione sintetica del prodotto, l’ultima parola che si proferisce all’ascoltatore, un arrivederci al momento della scelta. Alcuni slogan sono dei veri e propri messaggi pubblicitari (Testanera – “La qualità professionale, per te”; Coca Cola – “Enjoy”; YouTube – “Broadcast Yourself”), altri hanno l’unico obiettivo di rimarcare il nome del prodotto o del marchio (Vodafone – “Tutto intorno a te”, rimando al marchio; Vanish – “Fidati del Rosa”, rimando al colore della confezione; Barilla – “Dove c’è Barilla c’è casa” ), altri ancora sono semplicemente una frase accattivante (Tim – “Vivere senza confini”; Gillette – “Il Meglio di Un Uomo”; L’Oreal – “Perché io valgo”).
La Censura
Tralasciando il campo della pubblicità occulta e delle varie sponsorizzazioni televisive, l’ultimo paragrafo dell’argomento in tema va dedicato alla censura, ovvero alla sensibilità dell’audience al quale un’azienda deve saper parlare, modificando ad arte messaggi ed immagini pubblicitarie in modo da non incontrare il biasimo di questa o quella “comunità”, ed ogni paese ne ha di peculiari e davvero scomode a volte.
Capita così che alcuni spot vengano censurati in un determinato paese, come anche trovino il favore degli acquirenti in un altro; da qui la ragione di campagne pubblicitarie differenziate (come differenziati sono anche i prodotti) da nazione in nazione più che da continente in continente. E’ pur vero che alcune volte, sono i pubblicitari ad andare un po’ oltre il consentito; o forse è solo la mia morale italiana a farmelo credere?
Ecco qualche esempio di pubblicità censurate in alcuni paesi ma consentite in altri (ce ne sono di orribili):
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