Pubblicità: rompere la consuetudine con immagini inaspettate?
Di recente abbiamo parlato dell’errore (grammaticale) come valido espediente per attrarre l’attenzione su di un messaggio pubblicitario. Una provocazione bella e buona, propedeutica a quanto trattato di seguito.
Prendiamo la definizione di errore, senza cercarla nel dizionario, riscrivendola a parole nostre, magari spogliandola dai connotati negativi dei quali l’ha rivestita la quotidianità del vivere, del parlare, dell’immaginare. Definirei, io, l’errore, come un momento di discontinuità dal consueto, dall’atteso, qualcosa d’imprevisto che accade, una forma di sorpresa la cui piacevolezza o spiacevolezza andrebbe considerata a posteriori, valutandone gli effetti, e non a priori, assumendo il consueto come canone assoluto di comparazione e giudizio.
L’effetto sorpresa
Andiamo al concreto, dell’errore, in pubblicità, non interessa la natura, interessa l’effetto, l’effetto sorpresa, quello che «stop», riesce a calamitare l’attenzione di chi cammina (lungo un marciapiede), di chi guida (lungo una strada), di chi cerca (nella propria cassetta delle lettere), di chi guarda e ascolta svogliato (i consigli per gli acquisti che lo dividono dal programma preferito).
Almeno una volta nella vita sarà capitato ad ognuno di noi di riceve, presso il proprio domicilio, soprattutto in periodi festivi, una busta dal colore rosso con sopra disegnato un bel fiocco e la scritta “Apra, per lei una sorpresa”. Di quelle buste, nessuna è mai rimasta chiusa.
A differenza d’una busta con su già la natura dell’offerta commerciale, espedienti come questi ingenerano nell’individuo la curiosità di voler sapere “cosa”, anziché la noia di saperlo già.
Di finire, possono finire entrambe nel cestino anche se con tempi diversi, ma non va sottovaluto l’effetto collaterale psicologico: dell’una non ci ricorderemo, perché non c’ha mai interessato, dall’altra qualcosa ci rimarrà.
Sullo stesso meccanismo psicologico si basa il volantinaggio “piegato”, ovvero consegnare al passante il volantino pubblicitario sì, ma piegato sul rovescio, come anche la rapida diffusione dei “pieghevoli”, con un messaggio accattivante sulla prima facciata ed il resto dell’offerta nelle seguenti. La prossima frontiera sarà reclamizzare un prodotto inserendolo all’interno di una scatola cinese, perché no?
Rottura dal quotidiano
L’effetto sorpresa non è dato solo dal non vedere, ma anche e soprattutto dal vedere quel che non ci si aspetterebbe di poter vedere; come detto prima, assistere ad un momento “unico” di rottura dal quotidiano, della consuetudine, una “sorpresa” a tutti gli effetti, velata dalla nostra abitudinarietà di guardare, immaginare, aspettarci le cose del mondo.
Storia, in questo senso, hanno fatto le pubblicità di lingerie in 6×3 sui cartelloni. Una ragazza in posa accattivante, nuda o quasi, in centro città, tra giubbotti e pantaloni della gente che passa, non è la prima cosa che ci s’aspetterebbe di trovare. Non a caso certi cartelloni, con certi messaggi o certe immagini sono stati “banditi” da percorsi a scorrimento automobilistico veloce.
Su queste campagne ad “effetto” un’azienda siciliana ha basato gran parte della propria scalata al mercato. Parliamo dell’azienda casearia Zappalà (sede a Zafferana Etnea, Catania) che svela essa stessa il segreto del proprio successo così: “Strategia, dal prodotto alla comunicazione d’impatto”.
Ebbene, se nel 1990 la pubblicità dell’azienda si basava esclusivamente sul prodotto, nel 1997 qualcosa cambia, un cambiamento che fa parlare di sé fino a divenire un caso di “costume” nel vero senso della parola: una prosperosa ragazza, in costume da bagno, sponsorizza le mozzarelle prodotte dall’azienda.
L’immagine è “sorprendente” per una società, nel 1997, ancora infarcita di pudicizia e tabù, la bagarre è tanta da costringere l’azienda a ritirare la pubblicità dai cartelloni sparsi lungo le vie. L’effetto, tuttavia, è imprevisto quanto insperato, ed a corroborarlo è lo stesso ritiro che, come ogni atto censorio, dona ancor più larga visibilità al “censurato”.
Sullo stesso terreno, l’anno seguente, arriva la risposta dei pubblicitari della Zappalà ai “moralisti”, un cartellone ironico ed efficace:”Immaginatevele”.
Basta scorrere la rete, anche 12 anni di distanza dall’avvio di quella campagna pubblicitaria, per trovare ancora immagini che ricordano quei cartelloni, entrati nei racconti degli “zii” ai nipoti, per dirla così.
L’effetto “sorpresa”, quella discontinuità dal consueto che è definibile come “errore” (concetto ribadito all’inizio e che lega i temi apparentemente lontani di questo discorso), ha evidentemente funzionato.
Conclusioni
Concludiamo quindi: così come un errore grammaticale causa l’effetto “sorpresa” che, causando un momento di discontinuità dall’atteso incuriosisce lo spettatore, lo stesso effetto può essere generato da cause altre ed apparentemente alternative: Nascondere il messaggio pubblicitario od inserire, in un cartellone, immagini avulse dal contesto nel quale il cartellone stesso è immerso (ad esempio, l’immagine di una metropoli in un cartellone posto in aperta campagna); Ciò perché simili espedienti costituiscono un momento di discontinuità dall’atteso, tale e quale a quello ingenerato da un errore grammaticale.
La provocazione, utilizzata nel precedente articolo, è quindi servita a questo, ovvero a legare una più alta probabilità di buona riuscita di una campagna pubblicitaria alla capacità, degli addetti ai lavori, di causare “l’effetto sorpresa”, rompere con la consuetudine, mostrando allo “spettatore” non solo qualcosa di originale ma qualcosa di realmente “unico”, per sua stessa essenza (vedi un elefante pezzato come una mucca) o per luogo di apparizione (vedi donna succinta in centro città).
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