Il Design, dalle grotte
Fu un designer a dare inizio alla storia. Rivelazione scioccante? Macché, documentata.
Col termine preistoria, letto sui libri scolastici, si contorna quel lasso di tempo che va dall’origine del mondo (comunque pensiate sia andata) fino all’invenzione della scrittura, databile 3500 anni prima della nascita di Cristo, almeno secondo il riferimento preso in considerazione dal calendario gregoriano.
Già, tutta una questione di “sistemi di riferimento”, in questo caso temporali, e criteri di assegnazione prettamente arbitrari; i posteri nostri predecessori scelsero così la Mesopotamia come culla della civiltà umana, identificando quella sumera come la prima vera forma di scrittura.
Scrittura, già, ma che significa scrittura?
“è intesa come l’attività dello scrivente oppure, tecnicamente, quale rappresentazione grafica della lingua per mezzo di lettere o altri segni.”
Stando a tale definizione allora, già 17.000 anni prima, nell’attuale provincia di Santander (Spagna), un poveruomo tracciò sulle pareti di una grotta (Altamira) i primi veri “segni” della storia: Bisonti! Animali, roba troppo concreta per somigliare all’astrattezza dei grafemi, troppo elementare (?) per esser presa in considerazione dalla comunità scientifica. Insomma, roba primitiva: e così, oltre l’impossibilità di tramandare il proprio nome alla storia ed all’ingiustizia di veder misconosciuta la sua intuizione, anche la beffa di essere chiamato “uomo primitivo”.
Povero designer, e pensare che “tutto” iniziò da quel suo bisonte graffiato, stilizzandolo, sulla parete di una grotta: fu proprio lui il progenitore di quella forma di comunicazione che, secoli dopo, nella Magna Grecia, trasformò quel bisonte stilizzato nel primo grafema del suo sistema di scrittura, la Alfa dell’alfabeto, rappresentata graficamente come la testa di un toro, rovesciata.
Innovazione, praticità, utilità e stile; in quel primo graffito sulle pareti della grotta di Altamira c’era già tutto quel che dall’alba dei tempi ad oggi caratterizza le quattro anime del design, compreso il quinto elemento: una buona manciata d’astrattismo, sparsa tutt’intorno a tanta genialità.
Tutti gli alfabeti, di qualunque natura (geroglifici, ideogrammatici etc.) altro non sono quindi che una grande, magnifica opera di design, forse la prima, certamente la più utile e pratica nonché straordinariamente innovativa e stilisticamente accattivante. Opera misconosciuta sol perché l’uomo, dal giorno della sua creazione, altro non ha fatto che dare un nome a tutto quel che incontrava, fondendo parole con significato, fino a perderne i rispetti, e ben diversi, sensi.
In fondo, il designer è colui il quale da’ nuova forma alle cose, almeno come nuove parole le danno ai significati. Ma se i significati delle parole esistono di per loro, ed esisterebbero anche senza una parola associata (e solo convenzionalmente la parola amore corrisponde al significato, amore), allo stesso modo il design altro non fa che rappresentare “graficamente”, dar forma convenzionale a cose che potrebbero averne di infinite; come infiniti significati e declinazioni può avere il significato di amore.
Perdonate questa smanceria, che mi concedo solo votandola al fine di render più chiara la categorizzazione di “parole e forme” come “convenzioni” e non come significati ultimi. Forme di collegamento, che non esistendo di per sé, possono rivestirsi di infinite forme tratte dall’astrazione più totale.
Così una testa di toro può diventare la prima lettera dell’alfabeto, il design si trasforma in grafema; ecco individuato il punto di contatto tra le due arti che ci permette di ridare dignità e meriti a quel poveruomo che, circa 25.000 anni fa, si rifugiò in una grotta magari per scampare ad un temporale e giunta la notte, non riuscendo a prender sonno, anziché contare le pecore si mise a disegnare un bisonte.. dandogli una nuova forma, e non sapendo cosa avrebbe preso il via da quel suo piccolo gesto,
rivoluzionario, quello sì.
4 commenti
Trackback e pingback
Non ci sono trackback e pingback disponibili per questo articolo